Il racconto
La passione per l’artigianalità di Luigi Rigamonti si riconosce fin dalla tenera età. Già negli anni delle scuole elementari, nell’immediato dopoguerra, attraverso la frequentazione dell’anziano Sig. Crespi e sotto la guida del maestro Cirillo Fortunato, importante maestro siciliano, nasceva la passione per lo studio e per l’apprendimento di un mestiere.
Fù così che a Viganò tre ragazzi cominciarono a frequentare la scuola di Besana in Brianza: Luigi Rigamonti, Erminio Riva ed Enrico Casiraghi.
1947
1951
“Dagli Onofri andavamo in bicicletta. Il primo anno, era dura, alla sera si andava anche a scuola a Besana in Bicicletta; certe volte ci attaccavamo dietro al camion del Vismara che andava a prendere alla stazione ferroviaria i maiali, i salami. Eravamo in tanti. E quasi tutti sono passati di li, era la scuola più importante.“
Nel frattempo Luigi frequentò le scuole serali di falegname sempre a Besana in Brianza. Per otto anni, senza perdere un giorno. Le lezioni erano diverse per i falegnami , meccanici, fabbri, poi c’erano anche gli elettricisti, e c’era il reparto dove si imparava a lavorare.
Alle scuole serale le materie erano la lingua italiana, matematica, disegno e poi laboratorio; non c’erano tutte le materie della scuola diurna, non c’era fisica, chimica, tecnologia, francese. “Tutti gli anni prendevo il primo premio, ho ancora la pialla, un anno mi han dato il libretto di risparmio” e “Un anno venivo a casa dal lavoro, andavo li a Besana, poi andavo ancora a imparare a suonare il Clarinetto nella banda a Casatenovo, dove c’era l’oratorio. Fino all’età di ventitrè anni. Un altro anno, sono andato anche a scuola a Monza, alla Villa reale. Dove ancora adesso c’è la scuola, vicino alle scuderie.
Sono andato li un anno però è stata una delusione. Scuola di modellismo meccanico. Modelli in legno per macchine utensili. Su quindici ragazzi eravamo sempre li in due, tre o quattro, gli altri bigiavano, andavano al cinema. A Besana non avevo mai fatto un’assenza, li invece è stato un disastro, non sono più andato per la disperazione. Era di livello inferiore, a Besana si imparava.
Alle scuole serali c’era un maestro di Lissone molto bravo, un certo signor Palma, che mi faceva fare i disegni, era un artista a disegnare. Disegni in stile, ce li ho ancora, li farò vedere a mio nipote Leonardo...”
Dal 1955 al 1957
“Il mio maestro falegname di allora si chiamava Colombo Luigi di Sirtori, abitava a casa Reitano, a Sirtori alta.
Il mobilificio era a Viganò di sotto. Facevamo i mobili, nel reparto al piano terra e sopra facevano serramenti. Eravamo Emilio Nava chiamato Miglietto, il signor Colombo e io. Poi abbiamo cominciato a fare mobili d’arte, un certo periodo li facevamo anche per l’America, perché Carlo Nava, il fratello di Emilio aveva una galleria d’arte a Milano.
Nella vecchia falegnameria c’era il reparto mobili dov’ero io, Miglietto e Colombo Luigi. Sotto lo stabile che esiste ancora, la vecchia falegnameria è stata demolita.”
In quel periodo ero vestito un po all’americana, attraversavo i prati, facevo i sogni di gloria. Avevo delle belle scarpe da tennis beige, un giubbotto che mi mandava qui mio zio dall’America.
Era bello perché lavoravo con molto entusiasmo, facevo quei bei m”obiletti con i cassettini, con i bordi di ottone, andava Emilio Nava a prenderli dai Carati a Milano, che erano specializzati in capitelli stile Impero.
Ho ancora in giro dei tavolini a forma di lira. Il maestro era sempre Colombo Luigi di Sirtori, che faceva già dei lavori per il conte Besana.
Alla Falegnameria Nava rimase poi attivo solo il reparto serramenti.”
Dal 1957 al 1960
Il Signor Alfredo Mapelli, residente a Milano in Via Stradivari all’Uno, che fu direttore alla Proserpio di Barzanò, “una Ditta tra le più rinomate d’Italia”, e dopo la guerra fondò per conto suo un’azienda con lo stabilimento a San Giorgio di Villasanta, e gli uffici in Via Rossini a Milano.
“Prima lavoravo in laboratorio, poi cominciai a seguire il Mapelli nei cantieri, segnavo le ore, preparavo i disegni; noi eravamo abituati a disegnare tutti i lavori. C’era il tecnico a Milano che andava a fare i rilievi, preparava i disegni di massima, poi inviava i rotoli di disegni a noi a Villasanta, che riportavamo tutto sui compensati, al vero, qualsiasi lavoro si faceva così.
Ero allievo del Battista Beretta di Lesmo, che veniva dalla Ditta Bestetti dove facevano ali di aeroplani in legno ed erano bravi a lavorare a mano, con la colla animale e la colla a caldo, e c’era Carlo Fumagalli, poi divenuto sindaco di Castello Brianza; erano i miei maestri. Poi arrivò anche l’amico Angelo Bosisio“di Gaesso”. Il mio compagno di lavoro, vicino di banco era Enrico , che poi aprì la famosa pizzeria a Rovagnate, ora è defunto.”
La produzione riguardava porte, finestre, e per la gran parte mobili, tutti lavori particolari, molto validi, anche dal punto di vista tecnologico.
“Io disegnavo tutto al vero, facevo le distinte dei materiali da dare poi alla segheria per il taglio, ogni lavoro era particolareggiato, con la distinta dei lavori; poi segnavo le ore degli operai e ogni lavoro aveva la sua cartella. Quello era il mio compito.
In seguito ho lavorato alla posa in opera. Ricordo che andai a montare dei mobili in una villa Forte dei Marmi con Aldo Brambilla, il figlio dell’attuale sindaco di Vimercate, e con un aiutante; andammo giù in treno, tre volte in quindici giorni. Poi in altri tre posti. E appresi l’importanza della posa in opera. A volte mi muovevo anche da solo, avevo vent’anni.”
Disegnavamo in grande, in scala uno a cinquanta sulla carta, poi si sviluppavano al vero in bottega per esser più facile l’apprendimento. Perché uno se aveva la capacità di vederlo al vero non poteva sbagliare.
Noi andavamo in giro a fare le misure, disegnavamo, poi li mandavamo a San Giorgio in produzione.
Finché non si ammalarono, prima la figlia, poi il Mapelli. In quel periodo facevo anche da tramite, mentre era ricoverato alla clinica San Camillo, vicino a Stazione Centrale, andavo tutte le mattine a fargli firmare dei documenti.
Ero diventato il suo referente, avevo anche l’autista che mi portava in giro a Milano, un certo Franco, che dopo è finito al corriere della sera in Via Solferino.
Aveva sempre il giubbotto in pelle, e portava in giro il padrone e me, quando c’era da andare dai clienti. Che erano tutti speciali e benestanti. Lavoravamo per la proprietaria della BP, che aveva un castello in Via Brennero, e poi aveva comprato in Corso Venezia una villa patrizia. Dentro c’era una sartoria con una dozzina di sarti a fare i mobili tappezzati.
Avremo fatto circa una cinquantina di armadi, proprio di fronte al parchetto dove c’è il museo di storia naturale.
Lavoravamo al palazzo della RAI e per i loro artisti, per esempio Nuccio Bongiovanni, poi vicino al grattacielo Pirelli, spesso al palazzo Galbani in via Fabio Filzi, dove all’undicesimo piano costruimmo un locale riunioni in teak o rovere, con le porte tutte rotonde.
Mi ricordo che un locale aveva tutti i vetri di cristallo, i primi che facevano, pareti, mobili in cristallo alla Clinica Madonnina, avevamo in mano grossi clienti ed erano lavori molto belli.
Sempre a Milano lavorammo nei palazzi di Via San Vincenzo, Santa Maria segreta, la Beata Capitanio, l’ospedale Gaetano Pini in Corso Italia
Realizzammo un corrimano ellittico per la SKF, che fa cuscinetti a sfera, in Piazza Cavour, lungo due piani tutto in un pezzo solo, tutto a lamelle di tre millimetri.
Tanta era la passione che un giorno ero su un sopralzo di un capannone, su una incastellatura con la controforma e coi morsetti, rimasi là e mi dimenticai di andare a mangiare a mezzogiorno e vennero in due a chiamarmi. Ero appassionato, con la colla iniziai a mettere tutti i morsettini. Molto largo, un corrimano a forma di ellisse, mi piacerebbe sapere se c’è ancora.
In seguito, dopo la morte del Titolare, la Ditta Mapelli cominciò a sgretolarsi, io cedetti il mio posto ad uno che lavorava in ditta con me, anche l’amico Angelo Bosisio rimase un po ancora a San Giorgio… poi la Ditta fu chiusa.
Quando ero in bottega a Villasanta rimasi traumatizzato quando mi tagliai una falange. Piangevo perché credevo di non poter più disegnare. Andai in ospedale a Monza e me lo tagliarono di netto.
Io ero un ragazzo, e accadde per colpa di un capo macchina che mise una punta a farfalla troppo grossa sulla cavatrice alla quale stavo lavorando. Stavo scavando l’interno del corrimano della Clinica la Madonnina a Milano, fatto tutto a torciglioni.
Ero un ragazzo di vent’anni, se fosse accaduto adesso mi avrebbero sistemato il dito. Ero un bel ragazzo, e all’epoca rimasi traumatizzato.”
Dal 1960 al 1962
Dopo l’esperienza milanese alla Mapelli, Luigi lavorò come modellista meccanico presso la Ditta Bramati, realizzando modelli di fonderia in legno. Fu una scelta voluta, perché il modellismo era un lavoro di precisione.
“Avevo ventitré anni, Facevamo tante ore nella fabbrica fabbrica a Peregallo. Realizzavamo modelli per una ditta di Arcore, per Colombo Cremona e tutte le altre macchine per il legno. All’epoca le macchine erano tutte di ghisa, e si usava a fare tutti i modelli di legno, solo dopo si iniziarono a costruire in pressofusione e alluminio.
Alla fine di quel periodo capitò l’occasione di un artigiano di Lissone che aveva cominciato a fare i mobili in melaminico, e quando chiuse l’azienda vendette tutte le macchine.
Lavoravo come un drago, giorno e notte, così riuscii a comprare tutte le macchine e a cominciare l’attività a casa mia.”
2 ottobre 1962
“Iniziai realizzando i serramenti della casa di mio fratello Angelo, poi la camera e la cucina. Conservo ancora i disegni.
Ho cominciato ufficialmente, con la denuncia in comune, agli artigiani e alla camera di commercio, il 2 ottobre 1962, quasi cinquantadue anni fa.
A Viganò non mi vedevano mai in giro, lavoravo di giorno, poi andavo a scuola a Besana la sera.
E fu proprio dura, cominciare da solo. Iniziai a collaborare con l’impresa di costruzioni Riva, che poi realizzò la mia casa. Mi fece conoscere i primi clienti. I primi anni andavo in giro col vespino, Riuscii ad andare a Barzanò con un serramento sul vespino.
La mia prima falegnameria fu sotto alla casa di mio padre e dei miei fratelli.
Poi nel 1965 cominciai a costruire lì vicino il laboratorio artigianale, solo un piano col catrame sopra, lasciando le chiamate per la futura abitazione.
Iniziai a lavorare con Pierino Penati, poi pian piano vennero altri clienti.
Fino al ’67 prendevo tutto quello che capitava, facevo i serramenti manualmente, con la toupie, con la chiusura a bocchettone. Ma io avevo sempre imparato come mobiliere, e quando arrivò il mio momento, lo feci.”
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2003
Apre la ditta Rigamonti Arredi snc a Viganò Brianza
Con la partecipazione dei figli e l’esperienza tramandata negli anni, continua l’avventura instancabile di questa passione artigianale per la falegnameria.
Rimangono come tratti essenziali gli elementi che dall’inizio hanno caratterizzato il lavoro di Luigi: la curiosità di imparare il mestiere nelle piccole e grandi opere, la perizia del rilievo metrico, il disegno come mezzo figurativo ma soprattutto come rappresentazione del modello da costruire al vero, quindi lo studio del dettaglio, la sua realizzazione manuale che fa di ogni manufatto un oggetto unico e particolare.